Visita alla Basilica della Risurrezione a Gerusalemme.

 

È una di quelle cose che non finiscono mai. C’è realmente moltissimo da vedere ma ancor di più da capire. Iniziando dal nome più usato, “Santo Sepolcro”, in luogo di quello proprio: “Basilica della Risurrezione”. Facciamo forse più attenzione alla morte che alla vita? I nostri vissuti “religiosi” amano veramente la luce nuova e trasformante che si irradiò da questo luogo santo?

Visitiamo ponendoci delle domande. In particolare sulla preghiera. È una esperienza davvero universale, intendendo come preghiera il concretizzarsi, in parole e gesti, delle umane speranze ed aspirazioni.

Poniamo attenzione alle celebrazioni, ai riti e ai gesti che facilmente riscontriamo durante la vista a questo luogo.

Nell’edificio, tutto quello che vediamo è sostanzialmente riconducibile al periodo crociato a partire dal 1099, con numerose modifiche e rifacimenti nei secoli successivi.

Nella visita disponiamo di luoghi “principali”, il calvario e il sepolcro, di altri comunque evidenti, la pietra della unzione, la cripta di Adamo, la grotta del ritrovamento della Santa Croce, la cappella del Santissimo Sacramento, il coro centrale dei greci ortodossi, la prigione di Gesù; altri ancora minori, laterali di nome e di fatto, memorie legate alla passione: la divisione delle vesti, il soldato Longino, gli improperi, la pietra delle tre Marie…

Certamente uno o più di questi luoghi possono attirare la nostra attenzione e segnare il nostro cammino, suggerendoci pensieri e riflessioni.

 

 

È certamente un luogo in cui si dicono molte preghiere. I riti delle diverse confessioni cristiane si susseguono a buon ritmo; spesso si accavallano. È bene ricordare che trovandoci nel luogo della risurrezione, dovremmo poterlo vivere come il contesto più vitale e innovativo percepibile dalla nostra immaginazione. Raramente i riti, fedeli a se stessi, svolti abitualmente, hanno questo sapore vivo e nuovo. Non li possiamo cambiare (dal 1852 la normativa dello Statu Quo vincola cattolici e ortodossi nei tempi e luoghi di uso della basilica). Possiamo invece modificare la nostra preghiera, i suoi contenuti e le sue attenzioni, per fare in modo che trasformi il nostro cuore, liberandoci da egoismi e grettezze, intolleranze e presunzioni.

Una autentica relazione con Dio (quello vero, non la versione accomodata ai nostri interessi), ci può rendere partecipi con Dio stesso del solo aiuto sempre possibile per colui che è in stato di necessità: un amore più umano e sincero, attivo e responsabile.

 

 

Guarda il video “Dopo l’incenso? cosa rimane…”