Sulla strada che scende da Gerusalemme a Gerico… c’è ancora tanto movimento.

Sin dai primi insediamenti, nella zona della città santa e nella grande oasi sotto il livello del mare, il cammino intermedio transitava nel luogo che ora custodisce la memoria di una locanda, di un rifugio necessario ad ogni viandante. Ricordi di un insegnamento in forma di parabola, valido per ogni luogo, in ogni tempo.

Una toponomastica attenta ai colori ci consegna un rosso dominante. Dalla memoria biblica di una “salita rossa”, all’attuale omonimo insediamento israeliano di Ma’ale Adumim (adummim deriva da una parola ebraica che indica il colore rosso). Nella zona i crociati edificarono la “fortezza rossa”. Il rosso originario è quello della terra, meglio visibile dove si sia verificato un qualche smottamento.

Il luogo era una buona risposta all’esigenza di sostare, e anche prima della locanda, attestata dagli scavi nel secolo VI, postazioni militari e caravanserragli vi si collocarono.

Non senza intento nazionalistico, un foglio guida per i visitatori vi fa sostare il re Erode con il suo seguito, mentre si recava al proprio palazzo di Gerico. Stiamo quindi entrando in un’area abbastanza strategica. Qualche ragione ci deve pur essere se, attualmente, il luogo è uno dei parchi nazionali gestiti dal governo israeliano, nel territorio di quella che dovrebbe essere una zona autonoma palestinese.

L’edificio attuale, erede della locanda, ospita mosaici, provenienti da varie zone, soprattutto dalla Galilea. A conferma dello sviluppo dell’arte del mosaico nel periodo Bizantino, la gran parte delle opere esposte provengono da chiese, tra il IV e il VI secolo.

Accanto alla zona museale, troviamo i resti della chiesa bizantina (VI secolo), con misure notevoli (11,6×21,3) a conferma dell’importanza del luogo per i pellegrini cristiani.

Ricordando in questo luogo la celebre parabola dal Vangelo di Luca (10,25-37), possiamo considerare, oltre ai gesti solidali ed efficaci posti in essere dal viandante samaritano nei confronti di un malcapitato, una particolare suggestione. Luogo di sosta e di rifugio, la locanda ci ricorda il tema della sicurezza.

La fortificazione del periodo crociato lo sottolinea. La minaccia del brigantaggio era reale e una sosta al sicuro si rivelava davvero necessaria.

Possiamo pensare alle strutture che prestano il servizio della cura e domandarci se trasmettono un senso di sicurezza. Ai pazienti, innanzitutto, ma anche a quanti vi lavorano.

A diverso titolo molti operano in tali realtà ed è certamente rilevante il senso di sicurezza che possono trasmettere, suscitando negli interlocutori la percezione di una presenza competente e attenta, volenterosa e benefica.

Un ulteriore riscontro di sicurezze può essere utilmente operato dentro di noi. Verificare i capisaldi della nostra fiducia, considerare se siamo supponenti oppure umilmente dediti a diventare persone migliori.

Una attenta riflessione può rendere particolarmente feconda la nostra sosta alla locanda del buon samaritano, tra un mosaico ed una cisterna.

 

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