Siamo persone viventi. Questo è un presupposto sufficiente per riconoscere la comunicazione come realtà necessaria e la condivisione come traguardo utile al nostro vero bene.

Siamo persone libere e chiamate a responsabilità, senza sconti, senza riduzioni a livelli inferiori e meno nobili. Siamo viventi, non siamo già “morti” prima del tempo, siamo capaci ancora di desiderare, di avere un progetto, di raggiungerlo insieme ad altri.

Comunichiamo perché riconosciamo altre persone viventi attorno a noi e ci è impossibile comprendere e attuare la nostra esistenza senza il respiro di una relazione con gli altri.

Come è proprio delle realtà essenziali, comunicare è un’esperienza semplicissima, inevitabile, cui non è possibile sfuggire. Nello stesso tempo comunicare è una realtà complessa, ricca di elementi bellissimi ma che esigono comprensione e rispetto.

Se comunicare è inevitabile, farlo bene è certo un compito difficile. Comunicare, infatti, è un’espressione molto significativa. Indica la condivisione di una carica, di una dignità e di un compito. Comunicando si realizza un “cum-munus”, ci si trasmette l’un l’altro un “munus” (incarico e dono) che appartiene a entrambi. In tal senso la comunicazione è chiamata a produrre condivisione, con tutte le esigenze attive di una vivace reciprocità. Condividere è così un traguardo utile per la nostra realizzazione personale quando non si limita ad una spartizione, ma proietta sulle persone coinvolte un percorso ulteriore verso un bene comune, per un’autentica promozione di se stessi, che per il cristiano giunge fino al dono di sé.

Le apparizioni mariane di Lourdes ci offrono un esempio straordinario di comunicazione. Un dialogo attento e profondo che Bernadette descriverà in modo molto efficace: “Mi guardava come una persona guarda un’altra persona”. Non ci sono dubbi sul fatto che la Vergine Santa sia stata capace di comunicare efficacemente con la giovane ragazza dei Pirenei. In modo profondo e vero, Bernadette è diventata quindi partecipe di un “munus”, del medesimo compito che la Madre di Dio realizza prendendosi cura amorevole dei suoi figli.

Accogliendo l’invito a pregare per i peccatori, più in generale ad occuparsi degli altri e della loro salvezza, Bernadette ha saputo avere un’attenzione premurosa verso i poveri e una cura delicata verso le persone ammalate. È un ruolo attivo quello a cui è stata chiamata Bernadette, un compito da assumere con responsabilità. Un dono ricevuto che è diventato compito rivolto verso gli altri. Una missione di speranza.

Più che ad una condivisione, l’incontro che si è realizzato alla grotta di Massabielle conduce ad una comunione. Nella semplicità reciproca dell’essere presenti, è la persona stessa che diventa elemento condiviso. Non qualcosa, non un tempo o dei beni, ma se stessi.

È grande la speranza che una semplice presenza può suscitare. Un compito per tutti, sempre possibile. Un “esserci” così efficace non si improvvisa. Lo si apprende lungo il cammino, nell’incessante pellegrinaggio delle nostre esistenze. Attraversando il tempo aspro delle sofferenze e assumendo uno slancio lieto, nutrito dalla grata esperienza del bene.

Luciano Ruga