Ispirandosi al messaggio di papa Francesco per la Giornata Missionaria 2024, le Missionarie Comboniane di Gerusalemme hanno organizzato un pregevole incontro di studio e programmazione. L’invito tematico “Andate e invitate al banchetto tutti”, è stato coniugato dapprima nella programmazione, richiedendo la partecipazione anche al di fuori della cerchia delle comunità religiose.

Attenzione molto preziosa quanto ardua, nel contesto della chiesa gerosolimitana. Di fatto i partecipanti sono stati comunque, per la quasi totalità, appartenenti a comunità di vita consacrata.

L’intento è tuttavia irrinunciabile e non si demorderà dall’estendere tali inviti, in particolare a quanti costituiscono le comunità parrocchiali sul territorio.

Con riferimento al testo matteano dell’invito universale al banchetto (Mt 22,1-14), potremmo considerare l’abito nuziale come una metafora della missione. Senza assumere questo compito fondamentale, ci si ritrova esclusi dalla festa. Se tutti sono invitati a sedersi alla mensa nuziale, ugualmente universale è il farsi carico di un gioioso impegno missionario.

Una realtà profonda di comunione con Cristo ci rende partecipi della salvezza e necessariamente portatori agli altri di quel medesimo incontro che ci redime.

Dalla riflessione del p. Bernard Poggi (rettore del seminario patriarcale di Beit Jala) comprendiamo di essere inviati per condurre tutti, e nel migliore dei modi, alla sala delle nozze. Non siamo chiamati a stabilire chi vi sia degno e chi no. Tutti degni, tutti invitati.

In effetti, in virtù dell’Incarnazione del Figlio di Dio, la vita divina raggiunge ogni essere umano. Il livello essenziale della salvezza è radicalmente universale. I servi della parabola, come pure le chiese e le religioni, sono strumentali, non costitutivi.

Se i servi che escono di casa per invitare al banchetto, si ritrovano a percorrere le vie anguste di Gerusalemme antica, o comunque della Terra Santa, ci sono alcune cose da tenere in considerazione. Da Gerusalemme è iniziato l’annuncio del Vangelo e a Gerusalemme convergono da sempre i popoli del mondo. Per dirla con le metafore della parabola di Matteo, Gerusalemme è, in maniera del tutto particolare, la sala del banchetto di nozze.

Andando più sul pratico, il vescovo Rafiq Nohra (Vicario patriarcale per la Galilea), ha indirizzato la missione di questi servi gerosolimitani, prima verso la popolazione locale e poi nei confronti dei numerosi pellegrini (che però, da un anno a questa parte, dal 7 ottobre 2023, non sono più presenti).

Tanto per non dimenticare che la missione di invitare al banchetto è spesso ardua, annotiamo che fra i “tutti” raggiunti dall’invito, ci sono anche i musulmani e gli ebrei.

 

 

Scivolando sempre di più verso un incremento generalizzato del conflitto, ai cristiani suona arduo fomentare la speranza di pace e di riconciliazione. Ricordando un’omelia del Patriarca dei latini, Pierbattista Pizzaballa, ecco alcune attenzioni per non scoraggiarsi troppo.

Riconoscere la realtà conflittuale: inutile girarci intorno o preoccuparsi principalmente di salvare proprietà e strutture.

Profezia: senza fughe e rassegnazioni, focalizzarsi su costruttive dinamiche di vita, sia all’interno delle comunità cristiane, sia all’esterno.

Preghiera, carità, dialogo e coraggiosa libertà di espressione: elementi trasversali e irrinunciabili all’interno di ogni situazione e relazione.

Se il banchetto è per tutti, il nostro sforzo missionario dovrebbe innanzitutto avvicinare ogni essere umano alla comune natura e dignità. Quando siamo vicini a ciò che è autenticamente umano, tocchiamo con mano la salvezza e la vita buona del Vangelo.

Speranza, riconciliazione, misericordia e compassione… in un tempo di grande incertezza e aspra sofferenza, il “mix” di questo sentire positivo e trasformante è del tutto necessario. La dottoressa Minerva Jarayseh (docente all’Università di Betlemme) lo ha argomentato dal punto di vista psicologico.

Ricordando il principio divino dell’Incarnazione, possiamo considerare che la dedizione sincera a tutto ciò che è vitale, connette certamente alla vita di Dio. Ovviamente dentro “sentieri” che restano umani, limitati. La connessione tra il livello umano e quello divino è certa, come la speranza che vi si fonda.

Tutti invitati e tutti missionari, tutti dentro alla sala della festa e tutti inviati a diffondere vita… anche gli altri, tutti gli altri, ci stanno donando vita, se non altro suscitando tolleranza e una passione per la vita sempre più grande.

(L.R.)