È ai margini del giardino di Casa Mater Misericordiae. Sul Monte degli Ulivi, a Gerusalemme. Il piccolo cimitero delle suore Figlie della Carità.

Se ogni cimitero ispira, per sua natura, un senso di pace e silenzio, la dimensione e collocazione schiva offrono questo luogo come una parentesi sospesa, all’interno di qualsiasi incombenza possa condurre nei suoi pressi.

Dal lato opposto del giardino che racchiude la casa, è possibile spingere lo sguardo verso le mura della città santa. Un altro cimitero, sulle pendici del Monte degli Ulivi, interrompe lo sguardo. Esposto e avvolgente, il cimitero ebraico occupa la pendice sud della oblunga collina che conserva la memoria dell’Ascensione del Signore.

A chiudere il trittico sepolcrale delle grandi religioni monoteiste, il cimitero islamico si trova ai piedi delle mura della città vecchia, di fronte alla chiesa del Getsemani.

A Gerusalemme la spiritualità e la fede delle tre religioni abramitiche si incontrano anche nei luoghi del riposo eterno. Si potrebbe pensare che almeno tra le tombe vi sia pace per questi popoli, ma non è sempre così. Il cimitero ebraico è in continua espansione e vorrebbe annettersi una parte dei terreni che appartengono al Monastero delle Carmelitane (Chiesa del “Pater”). La conquista, più o meno illegale, della terra altrui, sembra davvero non abbandonare mai le mire dello Stato di Israele.

La nostra attenzione si trattiene nella Valle del Cedron, tra il Monte degli Ulivi e le mura di Gerusalemme.

Lo sguardo ondeggia tra le due pendici, tra l’imponente cimitero ebraico e le disomogenee tombe dei fedeli islamici.

Una miriade di rettangoli bianchi, un labirinto con 150.000 tombe di fedeli ebrei, si estende sul lato del Monte degli Ulivi che guarda verso Gerusalemme. È un luogo di sepoltura tra i più antichi, da oltre 3.000 anni.

Abbarbicate sotto le mura della Città Santa, scorgiamo le tombe musulmane, idealmente orientate verso la Mecca.

La Valle del Cedron, conosciuta in arabo come Wadi al-Joz, è ricca di tradizioni connesse alla morte, al giudizio e alla vita futura.

Per l’Islam, il Giudizio finale avverrà in questo luogo. Il Ponte Sirat, tramite escatologico che sorgerà per collegare il Monte del Tempio al Monte degli Ulivi, sarà attraversato dai giusti.

Anche nelle tradizioni cristiane, questo luogo, con il nome di valle di Giosafat, sarà scenario per il giudizio divino, alla fine dei tempi, nel giorno della risurrezione.

Secondo la tradizione ebraica il Messia, giungerà dal Monte degli Ulivi per entrare in Gerusalemme, passando per la Porta d’oro.

Essere sepolti in questi dintorni è quindi considerato un privilegio, una sorta di posto in prima fila, in vista della redenzione finale.

Tomba eccellente, accanto al giardino del Getsemani, è quella di Maria Santissima, secondo una tradizione gerosolimitana del IV secolo. Senza ponti escatologici e avendo ben conosciuto il Messia, la Madre di Dio è già corporalmente presente nella gloria divina.

Analogamente alle radici comuni per la sepoltura e l’attesa del giudizio, Ebraismo, Cristianesimo e Islam, convergono nei gesti e nelle speranze che accompagnano l’evento della morte. Sebbene il dolore sia un’esperienza intima e soggettiva, il modo in cui viene espresso è modellato dalle convinzioni religiose e dal contesto sociale. Vita, morte e risurrezione sono il trittico di realtà e speranza che segna il cammino degli esseri umani.

La morte è il momento ultimo, in cui l’anima ritorna al suo Creatore. Il corpo, accompagnato da rispetto e devozione, giace nella terra.

Per gli Ebrei, tre fasi caratterizzano la preparazione alla sepoltura: lavaggio (rechitzah), purificazione rituale (taharah) e vestizione (halbashah). Segue una veglia funebre durante la quale una candela rimane accesa, simboleggiando l’immortalità dell’anima, mentre il defunto non viene mai lasciato solo.

La sepoltura avviene solitamente entro ventiquattro ore. La cerimonia è guidata da un rabbino che recita le preghiere di accompagnamento. Il periodo di lutto è suddiviso in più fasi: shiv’ah (sette giorni di lutto intenso), sheloshim (trenta giorni di lutto moderato), per la morte dei genitori si aggiunge un ulteriore anno di commemorazione.

La recita del Kaddish (il consueto inno di lode al nome divino) diventa un atto di memoria e speranza. Si ricorda che, mentre il corpo ritorna alla polvere, l’anima trova dimora presso Dio.

Se l’anima è accompagnata in Cielo da preghiere e speranze, il corpo riceve, nei cimiteri, l’ossequio della memoria.

 

 

Durante le visite alla tomba, un gesto simbolico nella tradizione ebraica è quello di deporre una piccola pietra, segno tangibile di visita e rispetto. A differenza dei fiori, che appassiscono, le pietre durano nel tempo, simboleggiando la continuità del ricordo.

Nel Cristianesimo, ricordiamo, la morte è un passaggio verso una vita nuova in Cristo, fondata sulla speranza della Risurrezione. Non esistono abluzioni rituali specifiche; il corpo viene lavato, vestito e deposto in una bara per la veglia funebre, che si svolge generalmente nella casa del defunto o in una camera ardente adornata con fiori e candele. Questo momento offre ai familiari e agli amici l’opportunità di dare un ultimo saluto.

Dopo la veglia, la bara viene portata in chiesa per la celebrazione dell’Eucaristia, esperienza di comunione tra vivi e defunti. Durante la liturgia, si prega per l’anima del defunto affinché possa partecipare alla gloria della risurrezione di Cristo. Al termine della cerimonia il corpo, incensato e benedetto, viene condotto alla sepoltura.

Nella visita ai cimiteri vengono portati fiori sulle tombe, a rappresentare la bellezza e la fragilità della vita, ma anche la vittoria di Cristo sulla morte. Dalla effimera vita terrena, fiorisce una rinascita nella vita divina.

Nell’Islam, il passaggio verso la vita eterna è accompagnato da un funerale, solitamente sobrio e composto. La preparazione del corpo viene svolta da familiari o amici, purché del medesimo sesso della persona defunta. Il lavaggio (Ghusl) è rituale e codificato, eseguito procedendo dall’alto verso il basso e dal lato destro a quello sinistro, per tre volte consecutive. Il corpo viene poi asciugato, profumato con incenso e oli, e avvolto in un semplice sudario bianco.

La Salatul Janazah è una preghiera specifica e collettiva, che precede la sepoltura. Questa avviene il prima possibile, seguendo la regola di inumare il corpo rivolto verso la Mecca. Le tombe sono semplici, riportando solo il nome del defunto, le date di nascita e morte, e talvolta un versetto coranico.

Il periodo di lutto dura tre giorni, durante i quali i parenti ricevono le condoglianze. Quaranta giorni dopo la morte, la famiglia visita la tomba e distribuisce cibo ai bisognosi, come gesto di carità. Il culto islamico privilegia la preghiera di intercessione per l’anima del defunto, le tombe in genere non vengono adornate né da fiori né da altri simboli.

Il Monte degli Ulivi ha il suo culmine, simbolico ed effettivo, nell’Ascensione del Signore. Nel suo punto più elevato è custodito, dalle varie tradizioni cristiane, il compiersi del tempo Pasquale che dona definitivamente ad ogni essere umano la presenza di Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto.

Morte e vita accompagnano il nostro cammino. La memoria custodita dai cimiteri ci parla di eternità. L’umanità del Messia asceso al Cielo, colma il nostro presente di amore e di pace.

Paola Manganiello