Da leggere
Riconoscere i segni e riconoscere “il” segno
Nel prendersi cura degli altri, compiamo molti gesti, che possono essere segni di una vasta gamma di valori positivi, di vissuti che animano le nostre azioni.
Il sogno pontificio di una speranza certa
Ogni Giubileo viene proclamato tramite la pubblicazione di una Bolla papale d’indizione. Un documento con il quale il Romano Pontefice definisce ufficialmente l’anno giubilare, offrendo indicazioni per la sua celebrazione. Per il Giubileo 2025, la Bolla è stata consegnata la sera del 9 maggio, durante i secondi vespri della solennità dell’Ascensione: Spes non confundit, una speranza che non delude, inviata alle Chiese dei cinque continenti. Una citazione dalla lettera di san Paolo ai Romani (5,1-5), che invita tutti ad essere pellegrini della speranza.
L’atomica della speranza
L’immagine della “fissione nucleare”, per spiegare gli effetti della consacrazione eucaristica, è suggestiva e ardita. La propone Benedetto XVI nell’esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis” (2007). Il Santo Padre intendeva sottolineare, con forza, il principio di una radicale trasformazione del creato, posto in essere dalla conversione sostanziale, del pane e del vino, nel corpo e sangue di Cristo. Una trasfigurazione progressiva, vitale e inarrestabile, fino a quando Dio sarà tutto in tutti (cf. 1Cor 15, 28).
Sofferenza
È un’esperienza che facciamo tutti. La sofferenza ci riguarda totalmente. Quando soffriamo ci rendiamo conto che il “malessere” in noi è ovunque. Il dolore può anche riguardare solo un piede, ma la sofferenza coglie sempre l’intero essere umano. La sofferenza, infatti, esiste solo vissuta in prima persona.
Speranza: una comunicazione tra pellegrini
Siamo persone viventi. Questo è un presupposto sufficiente per riconoscere la comunicazione come realtà necessaria e la condivisione come traguardo utile al nostro vero bene. Siamo persone libere e chiamate a responsabilità, senza sconti, senza riduzioni a livelli inferiori e meno nobili. Siamo viventi, non siamo già “morti” prima del tempo, siamo capaci ancora di desiderare, di avere un progetto, di raggiungerlo insieme ad altri.
Speranza: femminile plurale…
Cosa speriamo per la nostra esistenza? cosa offriamo all’esistenza altrui? Lo storpio alla porta Bella del tempio di Gerusalemme (At 3,1-10) chiede troppo poco, solo qualche soldo. Riceve molto di più, una guarigione fisica.
Una speranza della parola
La parola è sempre qualcosa che ci raggiunge, lì dove siamo. Anche la parola che formuliamo noi stessi, interrompendo il silenzio. Nata dentro di noi, la parola ha sempre delle radici che la precedono.
Il dolore fa male (…l’amore invece no)
Questa presentazione non intende affrontare le numerose questioni storiche, religiose, filosofiche e antropologiche che il libro di Giobbe propone. Vuole solo indicare alcuni problemi che, chiunque si avvicini alla miglior comprensione possibile di questa geniale opera, dovrà considerare. Un libro, quello di Giobbe, tanto sconcertante quanto umano. Così profondamente umano da risultare, contemporaneamente, trascendente e divino.
Sperare, va sempre bene?
Qualunque cosa si faccia, è importante porre attenzione a quale ne sia lo scopo. Quello vero. A volte, infatti, vi sono traguardi solo apparenti, mentre i protagonisti dell’azione perseguono dei fini diversi, talvolta di egoistica utilità personale. Quando si cerca di orientare la propria azione verso il bene autentico della persona, nella sua integralità, ne dovrebbe derivare un modo di agire coerente.
Passione per gli altri
Fortunatamente gli altri esistono e ci salvano in continuazione. Permettono alla nostra realtà umana di attuarsi, di raggiungere il proprio traguardo naturale. Condividere, sviluppare un cammino comune per il bene di tutti, è una scuola preziosa di vita cristiana. È una lezione certo faticosa, ma diventa soprattutto l’entusiasmante esperienza di uscire da se stessi, di vincere, con continuità perseverante, le barriere del proprio egoismo.